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Crosby/Nash (2004) - Rassegna Stampa (parte 1)


A distanza di 28 anni dal loro ultimo album inciso in studio insieme, due figure emblematiche del rock mondiale si ripresentano al grande pubblico con un lavoro che dire "degno di nota" è altamente riduttivo. David Crosby e Graham Nash stanno per pubblicare un doppio CD per la Sanctuary Records contenente venti (20!!) canzoni. Le premesse per un album del duo si erano presentate già nel corso del 2002 alla fine del tour promozionale di "Songs For Survivors", l'ultimo cd di Nash. I due si erano ritrovati per un benefit che Croz organizza ogni anno a Solvang, in California, e, alla fine della serata avevano dichiarato ai fans e alla stampa che un nuovo lavoro come duo si sarebbe potuto concretizzare presto. Così, dopo il classico tour estivo di CSN del 2003, i due cantautori entrano in studio, coadiuvati da musicisti di rango e di classe quali Russ Kunkel alla batteria, Lee Sklar al basso ( la base ritmica di The Section, storica band di turnisti/produttori della West Coast degli anni 70), Dean Parks eccellente guitarist e Jeff Pevar chitarre e lap steel guitar e James Raymond ( figlio di Crosby) alle tastiere. Questi ultimi due arrivano proprio dalla band di Crosby , CPR, nata nel 1996. Aggiungendo inoltre, che la presenza è notevole anche da un punto di vista compositivo visto che Raymond partecipa alla stesura di alcuni brani. Ad un primo ascolto," Crosby Nash", così il titolo dell'album, sembra essere più un lavoro alla CPR, denso di quelle atmosfere eteree che stanno caratterizzando il sound della band californiana e con non pochi riferimenti agli Steely Dan, da sempre uno dei gruppi preferiti di Crosby & co. Ma le canzoni di Nash, pervase di semplicità e malinconia e, talvolta, dai titoli evocativi riescono a farsi largo tra le voci di Crosby e Raymond ai quali sovente si aggiunge Pevar. Il lavoro alle chitarre è impeccabile e la presenza di due eccellenti side-men conferma anche l'oculata produzione di Nathaniel Kunkel figlio di Russ. Ma andiamo più in profondità. 
Il cd si apre con una composizione di Raymond anziché di Crosby o Nash e questo la dice lunga sulle sue capacità che fugano ogni dubbio sui perché dopo anni di assenza affidino ad un altro autore il brano iniziale. "Lay Me Down", questo il titolo è anche il singolo che tenterà di far ricordare a distanza di anni le gesta vocali del duo che con un arpeggio e una melodia molto leggera ci ricordano i migliori Traffic. Anche il secondo episodio , "Puppeteer", è targato Raymond. Dobbiamo arrivare alla terza canzone per capire chi è l'autore del disco. Ma qui le firme sono due , Crosby e Parks propongono una deliziosa ballata con incastri sonori molto belli, "Through Here Quite Often". Ancora un colpo di Raymond con "Grace" e qui ormai mi sto convincendo che questo o è un album mancato di CPR (che attualmente sono senza contratto), oppure i due vecchi stanno sponsorizzando alla grande James che d'altro canto è un ottimo pianista di jazz, chitarrista e grande vocalist (suona pure l'armonica) nonché produttore e arrangiatore (lo ricordiamo anche a Roma accanto a Giorgia nella stesura del primo album della cantante italiana qualche anno fa). "Jesus of Rio", scritta da Pevar e Nash ospita James Taylor alle voci e qui signori, assistiamo ad un altro grande evento sonoro con arpeggi di grande classe. La melodia, sussurrata entra piano insieme alle voci che si rincorrono lungo tutto il brano. Le corde di Pevar fanno miracoli . La conferma di un grande strumentista che sta diventando (e non poteva essere diversamente accanto ai grandi) anche un ottimo autore. Si prosegue con la rilettura di "I Surrender" un brano dell'amico Marc Cohn che bene si incastra con il mood generale dell'album finora ascoltato. "Luck Dragon" a firma di Crosby e Raymond con un bellissimo arpeggio iniziale è un brano molto incisivo con un crescendo vocale e strumentale . I due autori, ormai in simbiosi, firmano un sound già iniziato con il primo album "CPR". Ed ecco un brano di Nash, "On the Other Side Of Town", scritto nel lontano 1978 e dedicato ad uno dei suoi figli; cantato pochissime volte dal vivo e registrato nel 1978 e nel 1979 ma mai pubblicato viene ripreso in questa occasione. "Half Your Angels" ancora puro Nash per semplicità e melodia. Già inciso durante le sessions di "Looking Forward", l'album di CSNY del 1999 e resa disponibile solo sul sito internet di CSN qua trova un arrangiamento abbastanza simile all'originale e che non sfigura rispetto alle magie vocali di CSN. L'affare "Enron" è al centro del testo di "They Want It All", scritta da Crosby qualche anno fa come reazione ai soprusi economici e alla mafia . Le chitarre qua si lanciano facendo diventare così il brano un potente messaggio sonoro da ascoltare a tutto volume. Quest'album è significativo e i testi contenuti, diretti verso quel pubblico americano (e non) che evidentemente ha bisogno di essere scosso, sono la testimonianza dell'impegno continuo e dell'attenzione al sociale mai venuto meno di Crosby e Nash. "How Does It Shine" strumentale che da atmosfere Crosbyane che riportano indietro al 1969/1970 e che all'improvviso si tramuta in un grande samba finale con gli strumenti che si rincorrono in assoli. Qualcuno deve essere stato in Sud America ultimamente. Il brano firmato da Crosby chiude il cd, fantastico, imperdibile…ma caspita, qui abbiamo un altro disco da sentire. 
Ed ecco che si ricomincia con "Don't Dig Here" di Nash, Raymond e Kunkel. Poi "Milky Way Tonight" di Nash ed una collaborazione di Crosby e Dean Parks, "Charlie", fanno da apripista per "Penguin In A Palm Tree", scritta da Nash nel lontano 1986 e già outtake del suo poco riuscito album "Innocent Eyes". Un altro brano denso di lirismo scritto da Nash è "Micheal (Hedges Here)", dedicato all'amico e grande chitarrista tragicamente scomparso in un incidente automobilistico qualche anno fa in California. A questo punto si fa un salto, come dire, sonoro, e "Samurai", un brano interamente a cappella scitto da Crosby più di vent'anni fa, trova spazio in questo album, che decisamente posso dire ci accompagnerà nei prossimi mesi. "Shining on Your Dreams" di Nash e Russ Kunkel e "Live On (The Wall)", quest'ultima già sullo score di un film ma in versione diversa ci proiettano su una bella rilettura di un tradizionale americano "My Country 'Tis Of Thee", che Crosby aveva già presentato nel 1989 sull'album "Oh Yes I Can". Forse l'inserimento ha un significato ancora più profondo a chiusura di un disco che vuole dire ancora la sua agli Americani. Crosby e Nash nel 2004, artisti attenti e sensibili, fanno domande e lanciano invettive e soprattutto inducono a riflettere su un sistema democratico che forse in appena 300 anni di storia non lo è stato mai. A livello musicale certamente la presenza di questo brano non aggiunge niente, visto che l'intero lavoro, di grande classe e con arrangiamenti molto sofisticati dà modo, se ce ne fosse ancora bisogno, di capire il calibro di Crosby e Nash. I due , lontani musicalmente da Stills e Young, ci consegnano un lavoro nel quale francamente speravamo ma che non ci saremmo aspettati addirittura doppio come pubblicazione e bellissimo per i suoni e le melodie e le armonie dentro contenute. Se avete la possibilità andateli a vedere in USA a Settembre Ottobre prossimi. Faranno un breve tour promozionale in piccoli teatri e sarà una gioia ascoltare quelle voci ancora belle e potenti. Così come se il tempo non fosse passato mai.
Stefano Frollano, Rockinfreeworld


Per chiarire subito i dubbi: se siete dei fan di David Crosby & Graham Nash adorerete questo disco. Se non lo siete mai stati non potrete esimervi dal convenire che, dati i trascorsi, le traversie, le glorie e le miserie, i trionfi e le cadute di questi due signori, il loro primo lavoro in studio come duo dai tempi di Whistling Down The Wire (1976) è davvero un bel disco, onesto, convincente e decisamente ispirato. E' pure doppio, ma lo è nell'accezione "vinilica" del termine, dato che sommati i due dischetti totalizzano quasi 75 minuti. "Poteva stare tutto su un solo CD", direte voi, e infatti è così. Ma dato che i "nostri" sono della "vecchia scuola" hanno ritenuto opportuno spezzare l'ascolto per valorizzare al meglio ogni singola canzone (e mi auguro che ciò non si ripercuota sul prezzo di vendita). Lo sappiamo bene: oggi è difficile avere il tempo di assaporare "per intero" un album di 75 minuti, e le ultime canzoni vengono inevitabilmente penalizzate da ascolti "distratti" in auto o nei ritagli di tempo. Sarebbe un peccato, perché Crosby-Nash è composto da 20 brani e sono tutti di altissimo livello. Se vi erano piaciuti il progetto CPR e l'ultimo di Nash (Songs For Survivors, 2002), allora potete lasciarvi tranquillamente cullare da queste due voci celestiali (e assieme, armonizzate, sono sempre ancor più magiche della semplice "somma algebrica" delle due) alle prese con canzoni all'altezza della loro fama. Ad "aiutare" i due "grandi vecchi" della West Coast (anche se Nash è inglese e si sente!!) ci sono Jeff Pevar e James Raymond (la "P" e la "R" dei CPR, il primo chitarrista extraordinaire, il secondo figlio naturale "ritrovato" di Crosby, nonché pianista e autore di grande spessore), i veterani Dean Parks (chitarra), Leland Sklar (basso), Russ Kunkel (batteria) e il giovane Nathaniel Kunkel (figlio di Russ e produttore/tecnico di talento). A dar man forte c'è anche James Taylor, ai cori nella soave Jesus Of Rio (scritta a quattro mani da Pevar e Nash), brano vagamente latineggiante che sembra uscito dal miglior repertorio tayloriano. 
Insomma, quella che avrebbe potuto essere una patetica rimpatriata tra amici e parenti, si rivela invece fonte di grande musica e ispirazione, con in bella evidenza melodie, testi e arrangiamenti davvero sognanti. L'apporto compositivo di Raymond è davvero strabiliante, se si pensa che mette la sua firma in alcuni dei brani più riusciti del lavoro: Lay Me Down è rilassata, corale e "crosbyana" più che mai (il DNA non mente!), una scintillante e pacata ballata degna dei tempi d'oro; Puppeteer (cantata da Nash) è invece beatlesiana fino al midollo, mentre è durissimo scegliere se sia Luck Dragon o Don't Dig Here (entrambe scritte con papà Croz) a vincere la palma di miglior brano del disco. La prima parla verosimilmente di un bombardiere (sui cieli iracheni?) e inizia con quegli arpeggi imprevedibili tipici del Crosby che amiamo di più e poi s'inerpica in uno di quei inattesi sviluppi armonici e melodici che ancora fanno pensare quanto "l'artista" David Crosby sia geniale in certe intuizioni (e non mi pare proprio il caso di rimuginare sui problemi personali e con la giustizia dell'uomo David Crosby). Don't Dig Here è invece un brano elettrico dall'andamento cadenzato e minaccioso, vagamente bluesy, che invoca alla sacralità delle Yucca Mountains, ovvero le montagne sacre dei nativi americani che alcune corporazioni vorrebbero utilizzare come discarica per seppellirvi scorie radioattive (sembrano temi d'altri tempi, ma i tempi sono questi!). Crosby è sempre uno che di peli sulla lingua ne ha pochi e nell'elettrica They Want It All inveisce senza mezzi termini contro i responsabili dello scandalo Enron (e contro "l'idiota" che guida il suo paese: "Vogliono tutto e lo vogliono ora, vogliono prendersi tutto e non gl'importa come /… / Hanno sempre dalla loro un presidente o due, ecco perché la fanno sempre franca"). Sebbene tutti i brani del lavoro appaiono frutto di un vero "gruppo", di una collaborazione fattiva (Crosby e Nash si alternano spesso alle voci soliste e non si limitano a "supportarsi" a vicenda) praticamente tutti i contributi di Crosby sono superlativi: Through Here Quite Often e Charlie sono carezze al cuore, How Does It Shine? ricorda i giochetti vocali del Crosby di un tempo (quello di Tamalpais High o Dancer) e Samurai è un lamento per sole voci che da 30 anni aspettava di veder la luce su un disco "ufficiale". Dal canto suo Nash sfodera alcuni "assi" che vanno ad assestarsi tra le sue migliori composizioni di sempre: Half Your Angels era stata precedentemente proposta dal vivo (e anche incisa in una versione inedita in studio) con CSN (e talora "Y") e questa nuova versione è ancor più intensa, rarefatta e sofferta; On The Other Side Of Town è un brano scritto nel lontano 1978 (e non si capisce perché sia rimasto nel cassetto tanto a lungo, dato che ha la stessa levatura di una Cathedral), mentre Live On (The Wall) è una nuova versione di un gradevole brano già apparso in versione differente su una colonna sonora. La vetta di Nash rimane comunque la toccante Michael (Hedges Here), elegia dedicata all'amico (e stupefacente chitarrista) prematuramente scomparso qualche anno fa in un incidente stradale. Completano il lavoro alcune delicate ballads in puro "Nash-style" (Milky Way Tonight, Shining On Your Dreams e perfino I Surrender, che invece è scritta da Marc Cohn), un frammento pianistico strumentale di pochi secondi e di rara bellezza intitolato Grace (e ancora firmato da Raymond) e il traditional My Country 'Tis Of Thee, omaggio conclusivo sia a una nazione tanto amata, quanto "logora" nelle politiche delle persone che la governano, sia all'indimenticato Michael Hedges che ne aveva approntato un arrangiamento analogo in occasione di Oh Yes I Can (l'album del primo "ritorno" di Crosby del 1989). Bellissimi i testi, curatissimi eppure mai ridondanti gli arrangiamenti, più limpide che mai le interpretazioni vocali, questo "Crosby-Nash" è indubbiamente il disco più lucidamente convincente partorito dalla "famiglia CSN" da 30 anni a questa parte.
Marco Grompi, Buscadero Settembre 2004

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