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Neil Young: Harvest Moon (Reprise, 1992)

di Marco Pavan e Salvatore Esposito 
Dopo i feedback di Weld e del Ragged Glory Tour, Neil si concede una pausa. È l'estate del 1991, decide infatti di raggiungere le nevi del Colorado insieme alla famiglia. È lì che cominciò a scrivere le nuove canzoni, tutte dall'impianto essenzialmente acustico, quasi avesse voglia di abbandonare il rumore dei mesi precedenti. Il progetto prese lentamente corpo, e nella testa di Neil torna ad insinuarsi il sound che gli regalò i successi di Harvest, sembra quasi un ritorno involontario al passato. Per le registrazioni Neil convoca vari musicisti che gli sembravano più adatti a quel sound come Ben Keith e Tim Drummond. Una volta arrivati al ranch si accorse di aver riunito gli Stray Gators. Durante la prima session Neil decise di provare alcuni brani rimasti nei cassetti che secondo lui erano adatti a questo nuovo progetto, infatti furono incise “One Of These Days”, “Silver & Gold”, “Stringman”, “Homefires” e “Hitchhicker”. Di queste solo la prima entrò nella versione definitiva. Subito dopo nacquero “War Of Man”, la title track e “Old King”, dedicata al suo cane da poco scomparso. Queste canzoni vennero incise in una seconda session che segnò un ritorno al passato in piena regola, infatti videro la presenza di James Taylor, Nicolette Larson e di Lind Rostardt impegnati nelle seconde voci. La pubblicazione prevista per il gennaio del 1992 fu rinviata in quanto Neil aveva intrapreso un tour acustico e il disco fu pubblicato in ottobre. Nei negozi arrivò un disco ottimo, curatissimo in ogni dettagli, tuttavia è meglio sgombrare il campo subito da eventuali equivoci. Harvest Moon non era Harvest vent'anni dopo. C'erano ancora gli Stray Gators come una volta, questo è vero. Le sonorità erano essenzialmente country come lo erano nel mitico (ed inarrivabile) album del 1971. Però mancava un equivalente pezzo alla "Words", vero e proprio punto in più per il capolavoro di Neil primo periodo. Se proprio dovessimo paragonare (ma questo a mio avviso è un errore che si compie, in quanto ogni disco fa storia a sé) il lavoro ad un altro del nostro ci potremmo accostare a Comes A Time, che come in questo caso segna un ritorno all'acustico dopo le (piacevolissime e graditissime) "sbandate rock" di Zuma (ed in parte American Stars 'n Bars) in un caso e del grandioso Ragged Glory nell'altro. Le canzoni di Harvest Moon, sia ben chiaro, brillano di luce propria, ma è evidente un songwriting tradizionale del folk di cui Neil è maestro come pochi altri. Molte composizioni rimandano a precedenti produzioni del nostro (un esempio: la title track richiama vagamente "Already One", proprio da Comes A Time), ma in modo pacato e comunque arricchite da una produzione ed un'esecuzione come poche altre volte così raffinata. Se questo album è l'ennesimo tentativo di Young di un riavvicinamento della falange più tradizionalista dei suoi fans (che saranno ancor più appagati dal successivo live Unplugged, pieno zeppo di classici), è anche la dimostrazione dell'anima da ballader di Neil, che qui esplode nella sua più purista delle rappresentazioni. La title-track ne è un tipico esempio, un perfetta ballata americana con tutti i crismi; proprio questa sua perfezione è un arma a doppio taglio, visto che c'è la sensazione che Neil avesse già dato altre volte prova della sua abilità nello scrivere canzoni di questo tipo, insomma si rischia un po' di cadere nel già sentito. Stesso discorso per “Unknown Legend” che si avvale però di un uso più suggestivo dell'armonica a bocca. Canzoni splendide invece “War Of Man”, “From Hank To Hendrix”, e l'insolita “Old King”, piccola filastrocca al banjo. Proprio “War Of Man”, sia come tematiche (retoriche ma non banali) che come musica e arrangiamento si candida come il vero classico di questo disco (fantastici fraseggi chitarristici di raccordo, degni dei migliori fingerpicking del nostro loner). A mio avviso la vera perla è da ricercare nella conclusiva “Natural Beauty” (registrata dal vivo) che testimonia, se mai ce ne fosse ancora bisogno, di quanto Neil, la sua chitarra ed un coro di voci femminili possano dare ad una canzone, a livello squisitamente emozionale (il ritornello di questa canzone è davvero da brividi). Le tematiche poi ci riportano all'anima profonda di Young, da sempre convinto sostenitore di politiche ambientali ed ecologiste (derivanti molto probabilmente dai suoi natali canadesi e dai suoi trascorsi nella generazione hippy, se pur come "esterno" al clima flower-power); tematiche che avevano trovato sbocco già in composizioni come “After The Gold Rush”, “Mother Earth” o ancora nella più recente “Be The Rain”. Non si può dunque annoverare tra i capolavori di Young (a mio avviso) questo disco; è certamente fuori di dubbio, però, che anche qui, come troppe altre volte, sono presenti canzoni destinate all'immortalità nel songbook del canadese. 

Neil Young
Harvest Moon
Reprise, 1992

Unknown Legend
From Hank To Hendrix
You And Me
Harvest Moon
War of Man
One of These Days
Such a Woman**
Old King
Dreamin' Man
Natural Beauty*

Neil Young & The Stray Gators:
Neil Young: guitar, banjo-guitar, piano, pump organ, vibes, vocal
Ben Keith: pedal steel guitar, dobro, bass marimba, vocal
Kenny Buttrey: drums
Tim Drummond: bass, marimba, broom
Spooner Oldham: piano, pump organ, keyboards

Linda Ronstadt: vocal
James Taylor: vocal
Nicolette Larson: vocal
Astrid Young: vocal
Ben Keith: vocal
Larry Cragg: vocal

Strings on *:
Maria Newman
Robin Lorenz
Berg Garabedian
Betty Byers
Valerie Dimond
Carrie Prescott
David Stenke
Larry Corbett
Greg Gottlieb
Haim Sitrum
Cindy McGurty
Harris Goldman
Israel Baker
Rick Gerding
Matt Funes
Adriana Zoppo
Ericka Duke
David Shamban

Recorded at Redwood Digital, Woodside, CA, Sept. 20, 1991-Feb. 1, 1992, except
**Recorded live at Portland Auditorium, Portland, OR, Jan. 23, 1992 and later at Redwood Digital
*Strings recorded at Sunset Sound, Hollywood; arranged by Jack Nitzsche
Produced by Neil Young & Ben Keith

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