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The Oral History: Trans / Island In The Sun (1982)


Neil Young: Lo adoro [il rock & roll], lo sai bene. Molta della nuova musica mi ricorda la Motown – ripetitiva, piena d'anima, ma è tutta accelerata dall'era dei computer. Mi piace perché ha molta energia. Ora ascolto solo questo. Sai, il più grande ostacolo è l'esaurirsi della tua energia... Quanto a lungo puoi mantenerla? Per quanti anni puoi sfruttarla a piena intensità? Ecco il problema. Vedi cosa succede alle persone che crollano. Continuano a tentare di tornare dov'erano, perché là erano bollenti, pensando che è l'unico modo per tornare a essere bollenti. Quando sento un vecchio gruppo, se essi si trascinano per poter continuare ad andare avanti, non riesco proprio ad ascoltarli. Mi viene da odiarli. [12]
La Reprise si era un po' smarrita e i miei ultimi dischi non avevano sbancato; […] fece un bel lavoro per promuovere i miei album, rendendo loro giustizia, anche se loro non vendevano. […] Io ero più interessato a comunicare cosa provavo in quel periodo che a ottenere un successo commerciale. Con questo spirito passai alla Geffen Records. Feci un album intitolato Island In The Sun, dove parlavo del pianeta Terra, e invitai David [Geffen] ad ascoltarlo nella casa che avevo affittato alle Hawaii. Non rimase impressionato e mi chiese di fare qualcosa di diverso. Era la prima volta che mi succedeva una cosa del genere. Per accontentarlo pensai di farne uno che combinasse quello e il suo successore, che già stavo sentendo nella mia testa. Il secondo era Trans, ispirato a mi ofiglio Ben e alle sfide che doveva affrontare per comunicare. La tetraplegia di Ben non gli permetteva di parlare e di comunicare in modo comprensibile ai più. Dunque registrai un album nel quale cantavo attraverso una macchina, così molti non avrebbero capito cosa stavo cantando. Io la sentivo come arte, perché esprimeva qualcosa di profondamente personale. Lo intitolai Trans, ovvero […] come si tenta di comunicare attraverso l'uso di macchine, computer, interruttori e altri meccanismi. […] Per promuoverlo immaginai una serie di video. Erano ambientati in un ospedale dove vari scienziati e dottori cercavano di sbloccare i segreti di una piccola creatura che aveva tanto da dire ma non riusciva. Trans doveva essere quel gruppo di canzoni, non una combinazione di quelle e qualcosa da Island In The Sun, che le annacquava. […] La Geffen non aveva intenzione di finanziarli [i video]. Trans fu il primo album per la Geffen e non vendette molto, chiaramente perché agli occhi dei miei ascoltatori era un disco bizzarro. […] Non avrei dovuto cedere alle richieste della Geffen sin dall'inizio. Avrei dovuto prima pubblicare Island In The Sun nella sua forma originale, e poi fare Trans, lasciando più spazio a quelle canzoni affinché si affermassero in un'atmosfera più coesa. Avevo tradito me stesso perché non avevo seguito la mia arte. Non avevo seguito la musa. [15]
Il primo album che ho dato alla Geffen, Trans, originariamente era intitolato Island In The Sun. Era un ottimo album ma non molto commerciale, non era un disco di rock 'n' roll, ma nessuno mi aveva mai detto niente del genere prima. Dal momento che era il primo disco che consegnavo a questa compagnia, ho pensato di ascoltarli. Da allora tutti i miei dischi sono stati manomessi. Mi vedo come se dipingessi dei quadri per poi appenderli in una galleria l'uno dopo l'altro. Se torno all'inizio vedo che raccontano una storia, parallela alla mia vita. Poi arriva un punto in cui non ho potuto appendere alcuni quadri, quelli che rappresentano gli ultimi anni. [13]

Nel disco c'è un largo uso del vocoder, come mai questa scelta abbastanza anomala per te?
Young:
Perché il futuro prevedo che sarà fatto dai computer, dominato dall'elettronica, e quindi non ci sarà più spazio per i romantici come noi. Perciò io ho voluto fondere computer e cuore, circuiti stampati e sentimento […]. Sto cercando di unire la mia vena poetica con la tecnologia. [11]

Ti stai dunque adattando?
Young:
Non direi, è solo essere consapevoli di quello che ti succede intorno. La gente ha un'immagine di me che non mi corrisponde, quelli che mi seguono dai primi anni settanta si ricordano certe cose, e per loro Neil Young è "Southern Man", mentre quelli che mi hanno conosciuto con Comes A Time, pretendono da me quelle canzoni. Ciò che la gente pensa di me non mi riguarda, riguarda solo loro, perché io ogni tanto cerco di trovare nuove idee e nuovi stimoli. Ecco perché ho cambiato casa discografica, dopo quindici anni alla Warner conoscevo tutti, mi ero abituato a quel metodo di lavoro e mi stavo adagiando; per questo sono passato alla Geffen. [11]

Elliot Roberts: Neil chiese [alla Reprise] di fare certe cose e loro non furono d'accordo, quindi a una cosa seguì l'altra. C'eravamo stufati di loro. […] David aveva lavorato con Neil per molto tempo. Ci andava d'accordo, lo riteneva un artista e non aveva preconcetti. Sapeva che poteva fare qualsiasi cosa in qualsiasi momento della sua vita... Neil non pensa in termini di vendere più copie possibili del suo disco, si concentra nel fare dischi che piacciano a lui. Sfortunatamente non sono sempre commerciali secondo il punto di vista della casa discografica. David Geffen lo accettava. […] David iniziò a sentirsi veramente sotto pressione, aveva finanziato con una fortuna questi artisti [oltre a Neil] e nessuno vendeva, e David cominciò ad avere dei dubbi su se stesso […], perché Mo [Ostin] aveva fatto dischi di successo con questa gente e lui no. […] David non è abituato a perdere, e non accetta la sconfitta. [1]

Frank “Poncho” Sampedro: Trans ebbe inizio in modo normale – due chitarre, basso, batteria. Poi venimmo a sapere che Neil aveva stravolto la nostra musica e sovrainciso tutta quella roba – vocoder, sintetizzatori, sequenziato in modo bizzarro. [1] 

David Briggs: Billy, Ralph e Frank, tutti gli altri partecipanti, se ne lavarono le mani. Avevano effettivamente suonato su quella musica, ma non la ritenevano musica. […] Riesci a immaginarti Ralph e un bongo? Tu come suoneresti con un fottuto bongo? Neil non sa nulla di alchimia e produzione – lui sa come suonare, cantare e scrivere. Ogni volta che ha provato a fare qualcosa in più, quella band ne è il risultato. […] Ma trovami un artista grosso che abbia fatto qualcosa di nuovo e diverso negli anni Ottanta. Nessuno stava facendo quelle cose col vocoder […], e nel rock è difficile trovare terreno nuovo. Trans fu un successo per il fatto che l'artista di una major portò al pubblico una musica abrasiva e aspra, tanto quanto quella di Tonight's The Night. [1]

Young: Cercavo un modo per cambiare la mia voce. Per cantare mediante una voce che nessuno avrebbe riconosciuto e giudicato come se fossi io. Quando sentii il vocoder per la prima volta, pensai, “hey posso usare il synclavier, prendere una voce qualsiasi – tipo “ah aah aah” durante tutta la canzone - passarla nella tastiera, suonare la melodia e pronunciare le parole – e avere la melodia che passa per il vocoder.” […] Pensavo che forse era proprio quello che cercavo. Non mi resi conto quanto fosse senza scopo. Cioè, non è senza scopo – puoi fare certe cose molto buone da solo. Ma solo con uno scopo. Per il mio primo disco fu così – e poi non lo feci più. Non riesci a farlo respirare, in quel modo.
[…] Quando Geffen sentì il disco [Island In The Sun] la prima volta, non c'erano vocoder – era stile hawaiano, e Geffen pensò che fosse buono ma non abbastanza. “Neil, puoi fare molto di più con questi pezzi, continua.” Quello che mi disse era salutare, ma io anziché proseguire tornai indietro – sulla roba che avevo accantonato. Trans lo feci alla fine della Warner, non all'inizio con Geffen. […] Lo credevo veramente valido. L'unica cosa sbagliata fu di cercare di nasconderlo un po' inserendo alcune delle cose hawaiane, in modo che facessero da transizione – transizione da una persona vera a una macchina, o qualcosa del genere. […] Potevo far uscire Trans come EP con solo le cose col vocoder, sarebbe stato meglio. Ma non avevo le idee chiare. Geffen non volle darmi i soldi per alcuni video su Trans, che stavo per iniziare. Avevo un grosso progetto in mente. Tutta la gente con voce elettronica lavorava in un ospedale, e cercava di insegnare a un piccolo bambino come premere un bottone. Questo è ciò di cui parla l'album. Se ascolti le voci elettroniche, se segui tutti i testi, è chiaro che era l'inizio della mia ricerca di qualche interfaccia di comunicazione con una persona muta, e gravemente handicappata. I computer e i battiti di cuore si riunivano qui – nell'unione di chimica ed elettronica. Ecco a cosa miravo. E fu totalmente frainteso. […] I video avrebbero fatto la differenza, assolutamente. Volevo fare un film con Trans. Ero disposto a spendere di tasca mia duecentomila dollari se loro ne avessero messi altri duecentomila. Nessuno li voleva fare - “te ne basta uno”. Lasciai Mo Ostin e la Reprise – una stupida cosa da fare, un grosso errore. […] Erano stati buoni con me fin dall'inizio. Hanno presentato ogni mia cosa con gran classe – sia che fosse commerciale o no. [1]

L’uscita di Trans coincise con l’inizio della brutta relazione con la Geffen Records. Non avevi proposto un album intitolato Island In The Sun che loro rifiutarono?
Young:
Sì, offrii quello alla Geffen prima di Trans. Aveva toni tropicali, tutto riguardava l’andar per mare, le antiche civiltà, isole e acqua. Alla fine due o tre pezzi finirono su Trans. [2]
Trans deriva da una cotta per le macchine e i computer che ci riempiono la vita. Questa visione di ascensori con numeri digitali e la gente che sale e scende tra i piani – sai, gente che cambia di livello totalmente sotto il controllo di una macchina. E batteria campionata, dappertutto. E così eccomi, un vecchio hippy la fuori nei boschi, con tutto il suo equipaggiamento elettronico. Insomma, ero stupefatto.
Avevo tutto un video in mente per quell’album. Avevo personaggi e immagini di esseri con tutte le voci. C’era un tizio chiamato Tabulon, che cantava “Computer Age”. Aveva grandi speaker nel suo petto, e la sua faccia era una tastiera, e continuava a colpirsi la faccia. Ma non potevo trovare nessuno che avrebbe fatto quei video. Non trovavo nessuno che reputasse l’idea maledettamente buona, in alcun verso.
[…] Se tu ascolti Trans, se ascolti le parole di “Transformer Man” e “Computer Age” e “We R In Control”, puoi sentire molti riferimenti a mio figlio e alle persone che tentano di vivere una vita premendo pulsanti, cercando di controllare le cose attorno a loro, e parlare con persone che non possono parlare, usando voci computerizzate e cose simili.
È un aspetto nascosto, ma c’è. Ma ha a che fare con una parte della mia vita che nessuno può sapere. Così la mia musica, che è un riflesso del mio io interiore, diventa qualcosa che nessuno può interpretare. Ho cominciato a confondere gli stili, inserendo piccoli indizi di ciò che c’era nella mia testa. Non volevo apertamente condividere queste cose in canzoni che dicessero esattamente quel che volevo dire con voce alta che tutti potessero sentire. [9]
Se quando ho fatto Trans avessi potuto disporre della tecnologia che posso utilizzare oggi e di una maggiore sicurezza in me stesso come regista, avrei potuto raccontare la storia di Trans come ho raccontato quella di Greendale. All’epoca mi sarebbe piaciuto fare un video per ogni canzone, ma l’etichetta non se lo poteva permettere. Io l’avrei fatto anche da solo, almeno mi sarei preso la piena responsabilità per il risultato di Trans. Sarebbe stato più completo. [7]

Frank “Poncho” Sampedro: Dopo [Reactor] abbiamo iniziato a registrare Trans. All'inizio non stavamo usando neanche troppo il computer, poi all'improvviso è arrivata la musica computerizzata e a quel punto i Crazy Horse si sono trovati sfasati. [4]
Trans è qualcosa con il quale non abbiamo avuto molto a che fare, perciò non ho molto da dire su quel disco”. [5]

Tu hai suonato su Trans. Che ricordi hai di quel progetto?
Sampedro:
Be', fu un disco per cui facemmo parecchie registrazioni, poi Neil si trovò coinvolto nel programma per il figlio Ben. Doveva fare molta attività fisica con infermieri e assistenti. Si perse un po' e noi non potevamo essere sempre da lui. Finì per inserirci un synclavier e sovraincidere molte di quelle tracce. In quelle occasioni noi di solito non c'eravamo. Quando tornavamo e ascoltavamo quelle cose, la nostra reazione era, “Wow, che cosa hai fatto?” […] Mi è piaciuto quel disco. [14]

Fu una mossa audace per Neil fare un disco così anticommerciale. Suppongo non gliene fregasse un accidente, comunque.
Sampedro:
No. E' buffo, abbiamo fatto una cena recentemente prima di uno show. C'eravamo tutti e qualcuno ha detto, “Sapete di cosa abbiamo bisogno? Di una hit.” Abbiamo cominciato a ridere a crepapelle. È stata una situazione spassosa. Tutti ci siamo guardati l'un l'altro ridendo per almeno cinque minuti. [14]

Lui ha saltato da un genere all'altro negli anni 80 – dalla new wave al rockabilly, al country, al blues. Nel frattempo tu come ti sentivi?
Sampedro:
Quando non lavoro con Neil, non faccio molta attenzione a quello che fa. Cerco di godermi me stesso e il mio lavoro. Penso che sia là a prendersi cura della sua famiglia e di tutto il resto, ed è ciò che dovrei fare pure io. [14]

Ralph Molina: Per noi certe volte è difficile capire che cosa sia accaduto, perché sulla copertina dell'album c'è scritto che abbiamo suonato anche noi, ma molti non credono che ci siamo davvero […]. Quando feci ritorno dal tour di Trans, io, Frank e Billy ci ritrovammo e non c'era alcuna animosità tra di noi. [10]

Sembri pensare che Trans sia stato troppo sottovalutato.
Young:
Sottovalutato! Be’, devo dire che io non l’ho sottovalutato. […] Il contenuto è grandioso. [2]
In profondità negli Shocking Pinks o in Trans ci sono le stesse cose che la gente ascolta ora. Sono soltanto sepolte, non in superficie. E alcune cose sono molto più intense. [3]

Young: La vita mi aveva messo in un luogo dove questo era quello che facevo; facevo esperimenti con le cose... L'unico fottuto problema era che ero Neil Young. Avrei risolto qualsiasi problema se non fossi stato io. [5]
Trans ha significato la fine di un suono e di un'era, e l'inizio di un'altra era, nella quale ero indecifrabile e nessuno poteva capire cosa stessi dicendo. Tutto quel periodo aveva qualcosa di sbagliato. C'era sempre qualcosa tra me e quello che cercavo di dire. Uno scudo invisibile. […] Più cerco di distanziarmi dagli anni '80, più ci trovo un senso. Sapevo ciò che facevo quando pubblicavo quei dischi, e sapevo la reazione che avrei ricevuto. Sapevo cosa la gente voleva da me e cosa non voleva. Ma sapevo anche che il tempo sarebbe trascorso e che la gente avrebbe visto quei dischi come un preciso insieme, come un periodo, quasi fossero quadri. E ora ci siamo. Sono diventati sempre più chiari col tempo. [6]
Ho iniziato a viaggiare e fare musica live, fuori di me. Non così tanta su disco, ma in concerto. Per ritrovare me stesso dovevo continuare a suonare e suonare e non avere pause. Mi sentivo disconnesso. Quando suonavo dicevo “Che sta accadendo? Dove siamo, dove sono?” Era l’unico modo in cui potevo tornare me stesso. [8]

Billy Talbot: Gli ho raccontato come ci siamo sentiti, a me non importa se lui fa le cose country con gli International Harvesters, ma quello che è accaduto nel tour di Trans, quando lui eseguiva “Hurricane” e cose del genere, “Hey Hey My My”, senza che ci fossimo noi, questo mi ha fatto dar fuori di matto. Perciò non lo fa più, anche perché quello non è stato un bel tour per lui e quel materiale lo facciamo meglio tutti assieme. [10]

David Briggs (a proposito del tour): C'era molto da lavorare con quei ragazzi. Loro dovevano essere ubriachi e piallati per poter salire sul palco. […] Le loro performance facevano schifo. Era sempre bruttissimo. Solo Nils suonava bene tutte le notti. [1]

David Cline: Un mattino Neil volle una riunione. C'era il gruppo, e Briggs, e Neil seduto sul suo piccolo letto. Disse, “mi sono fatto il culo per questo, ho faticato, ho pagato – io sono ciò che l'ha reso possibile. E vi voglio qui, ma voglio che diate il cento per cento. Se vi fottete e vi ubriacate e mettete a repentaglio la qualità dei miei concerti, vi sbatto fuori.” E poi disse, “Bruce, tu non toccherai un altro bicchiere di alcol. Basta bere.” E Bruce – che è grosso – fece lo stupido errore di dire “Neil, non stavo bevendo”. Neil saltò giù dal letto e volò per la stanza come Superman, gli diede un pugno e cominciò a strangolarlo. Era piuttosto fragile a quei tempi. Non scherzo, avevamo paura che gli venisse un colpo. [1]

Young: Fu un tour deprimente. All'inizio sembrava splendido, verso la fine... “oh, fanculo”. Persi settecentocinquantamila dollari – eppure era tutto esaurito ogni sera. Era semplicemente troppo grosso. […] La verità è che non funzionò perché la musica non c'era, e se quella non funziona nient'altro funziona. C'erano diverse pecche nella concezione di quel tour, ed ero stato io a pensarlo. […] Avevo visto questo gigantesco tour dei Rolling Stone... ed ero stupido. Come artista non ero così grosso. Fu colpa mia se il tour non andò bene. [1]

A proposito di “Transformer Man”
Young:
È una canzone per mio figlio. Se leggi il testo e vedi mio figlio sulla sedia a rotelle, con questo piccolo pulsante e uno switch sulla testa, e il suo set di trenini col trasformatore, tutto quanto riguarda lui. E la gente... non lo capì per nulla. Mi fecero star male dicendo che mi stavo gozzovigliando con qualcosa che non capivo e che non avrei dovuto fare – fanculo. Però mi ferì, perché era per mio figlio. […] Non avevo neanche una chance. Era talmente mascherata la cosa, che mai l'avresti potuta riconoscere. […] Per me Trans è uno dei miei momenti migliori, togliendo le cose acustiche. […] “Transformer Man” - ti rendi conto che non capisci le parole, proprio non le capisci. E io non capivo cosa dicesse mio figlio. Ecco cosa sentivo. [1]

Perché non parlarne esplicitamente in una canzone?
Young: No, non avrebbe funzionato. E non è il mio modo di esprimermi. Troppo diretto. Per me è persino difficile parlarne. […] Il punto è: si tratta di comunicazione, ma non funziona. Lo stesso di mio figlio. [1]

Fonti
[1] “Shakey” di J. McDonough   
[2] Mojo Magazine 1995
[3] Rolling Stone 1993    
[4] Musician 1987
[5] Musician 1991   
[6] NY Times 1992
[7] Rolling Stone 2003   
[8] Village Voice 1989
[9] Rolling Stone 1988  
[10] Musician 1987   
[11] Ciao2001 1983
[12] Sydney Morning Herald 1985
[13] Ottawa Citizen 1986
[14] Rolling Stone 2013
[15] Neil Young, “Il Sogno di un Hippie” (2013)

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